martedì 20 maggio 2014

Il clan e il disadattato


Ognuno in Italia (e nel mondo) appartiene, o desidera appartenere, a un clan, a un’associazione, a una corporazione, a un gruppo, a una setta.

Se non ne fai parte sei fuori, nel lavoro, nella vita.

Far parte del branco è fondamentale, e più alta è la posta in gioco - potere, soldi - più il gruppo è agguerrito.

Esiste il clan di chi fa politica, di chi è manager di aziende pubbliche, di chi sa manovrare la finanza, di chi fa cinema, di chi scrive libri, di chi ha in pugno il sapere e la cultura.

C’è il clan dei ferrotranvieri, degli infermieri, dei logopedisti, dei notai, dei magistrati, degli avvocati, dei mecenati, degli artisti squattrinati, delle donne sexy, delle donne intelligenti, delle mogli devote, delle mogli fedifraghe, degli uomini palestrati, degli uomini co’ la panza, di chi dice cose originali, di chi dice cose banali, di chi si ferma all’apparenza, di chi apprezza il contenuto, di chi è sempre contro, di chi cerca di mediare, di chi occupa un posto nel palazzo, di chi nel palazzo non può e non vuole entrare.

Kaspar: Quindi?

Sergio: Quindi appartenere a un organismo è fondamentale, per chiunque. Mette in pace con se stessi, rende sicuri e forti.

K: Quindi?

S: Quindi, se nella vita non riesci a entrare in uno straccio di organizzazione, qualsiasi cosa tu faccia non avrai alcuna possibilità di successo.

K: Pensi a te stesso?

S: Non solo. Penso a chi non è riuscito a trattenere i conati di vomito e ha preferito non vedere, a chi ha abbracciato la propria solitudine intellettuale pur di non cedere ai compromessi, a chi ha riso della banalità della vita umana e ha deciso di non giocare una partita ridicola e inutile.

K: Tu, come vorresti che fosse il mondo?

S: È una domanda a cui è impossibile rispondere. Aristotele sosteneva che “Viviamo nel migliore dei mondi possibili…” Io credo che ci muoviamo in un mondo sopravvissuto alla paura (guerre, malattie, cataclismi) e da questa condizionato, anzi formato.

E credo che l’uomo non sarà mai totalmente libero fino a quando avrà paura dell’incomprensione, dell’indifferenza o del fastidio che le sue parole possono sollevare.

K: Deve auto-censurarsi?

S: L’uomo è costretto a pensare e ad agire come pensano e agiscono gruppi precostituiti, altrimenti è fuori o, se è molto forte, mette insieme lui un gruppo che diventerà col tempo precostituito.

K: Così non se ne esce…

S: Se ne esce, invece. Sai con che cosa?

K: No.

S: Con i Valori. 1) L’onestà, in tutto quello che fai. 2) La trasparenza, in quello che dici. 3) La sobrietà nei comportamenti (depurati dalla superbia e dall’arroganza) 4) La semplicità intellettuale. 5) Una bontà di fondo presidiata dall’intelligenza sufficiente a difenderla dagli imbecilli e dai maligni. 6) La consapevolezza per gli uomini di essere solo un fenomeno nell’evoluzione infinita della Materia e del Tempo.

K: Il tuo mi sembra un pistolotto senza senso.

S: Tu, Kasparino, a quale gruppo appartieni?

K: Non saprei…

S: Te lo dico io. Ai “Caca-cazzi Forever!”

K: Bello! Vero! E tu a quale appartieni? Ai disadattati-depressi cronici?

S: Può darsi…

 

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