venerdì 4 ottobre 2013

Delocalizzazione


Alcune sere fa ho seguito un servizio sul tg2 sulla delocalizzazione delle imprese.

Numerosi imprenditori del Nord, ma anche del Centro Italia, trasferiscono la produzione in Francia, in Germania (sic!), in Svizzera, in Romania, in Cina perché è più conveniente.

Conveniente poiché il costo del lavoro è di molto inferiore, v’è la certezza delle tasse, la burocrazia è sopportabile.

Hanno ragione.

Hanno ragione?

Hanno ragione ad abbandonare un Paese in agonia?

Quale danno arrecano questi diecimila imprenditori a un economia cui vengono sottratti 1.500.000 (un milione cinquecentomila) posti di lavoro, ricreati all’estero?

Costoro, che esercitano il sacro diritto alla libera intrapresa, io li qualifico come codardi.

Caro imprenditore nato in Italia, cresciuto professionalmente in Italia, devi restare nel tuo territorio e fare di tutto per migliorare la qualità del tuo lavoro: lottando per cambiare le leggi, se ne hai le palle!

Scappare è facile; è una piccola vigliaccheria che quasi tutti nella vita ci concediamo.

Sui prodotti realizzati in Germania, però, continua ad apparire il marchio Made in Italy, e questa è una grande ipocrisia comune a pochissimi.

Ora la crisi - cari imprenditori del Nord Est, non dimenticatelo - sta diventando mondiale, in Italia Destra e Sinistra sono incompatibili, e Mario Monti sorride sotto i baffi.

Il suo ritorno è molto probabile. Potrebbe costringere tutti a produrre in Italia e imporre un aliquota seconda la quale si deve versare allo Stato il 99 per cento del reddito.

Lo può fare. Lo stava facendo.

Non lo dimenticate, imprenditori (alcuni) vigliacchetti del Nord Est.

Sergio

 

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