lunedì 14 ottobre 2013

Fragili e iperconnessi

Fragili e iperconnessi - Zygmunt Bauman (sociologo)

 
Dal quotidiano romano, a diffusione gratuita, "Metro":

"Ogni persona passa 7 ore e mezza davanti a qualche tipo di schermo, dentro cui si chiude in una vita online più confortevole di quella offline". Il passaggio tra le due modalità è sempre più problematico ed è quello su cui si sofferma il sociologo Zygmunt Bauman, inventore della "modernità liquida", fortunata metafora della contemporaneità. La tecnologia semplifica ma ci rende fragili e impazienti, incapaci di progettare a lungo termine, di sacrificarci per un obiettivo, dice Bauman, a Milano per un incontro di Meet the media guru: "Per strada tutti guardano il telefonino, il tempo di attesa è sparito, come la noia". Questo, insieme alla precarizzazione causata dalla crisi, cambia la nostra percezione del tempo: non esiste più la prospettiva a lungo termine, ma solo l'ora, il presente. "Essere 'connessi' 40 anni fa richiedeva una gran fatica, - precisa Bauman - io ci ho messo una vita e molto studio a farmi alcune centinaia di relazioni, oggi con Facebook bastano poche ore, ma ci vuole lo stesso tempo per disfarle".
L'effetto collaterale è la disconnessione e la fragilità nella vita reale, dove tutto è più arduo. Il rischio più grande poi riguarda i bambini: sempre più affidati a gadget e baby sitter digitali, per loro la distinzione tra mondo reale e digitale non è più certa.
Che fare?
"L'obiettivo è minimizzare le perdite". Anche se non lo può fare la politica: "La gente ha sempre meno fiducia nei politici, non perché sono corrotti, ma perché non possono mantenere le promesse". Il potere vero, quello finanziario ed economico, è globalizzato, mentre la politica si muove su scala locale.
Bauman si presta a commentare anche l'attualità della tragedia di Lampedusa: "La modernità ha prodotto persone 'ridondanti' rispetto ai cicli produttivi, causando le migrazioni. Fino a un certo punto ha prevalso l'assimiliazione: trasformare lo straniero, che fa paura, in uno di noi. Oggi non funziona più, le città sono arcipelaghi di dispore. Le reazioni possono essere due: la mixofobia, la paura del mescolarsi che fa sì che non si permetta alle persone di venire da noi legalmente. La mixofilia invece considera la varietà attraente. La varietà è il naturale habitat della creatività, diceva Lessing. E gli europei non sono forse sempre stati creativi?".
 

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